La sera dell’11 giugno 1961 a Bolzano, dopo i festeggiamenti e le celebrazioni per la domenica del Sacro Cuore, si scatena l’inferno. Nella “notte dei fuochi” quasi 60 tralicci dell’alta tensione vengono minati, ma non tutte le cariche poste saltano:solo 37. L’obiettivo è la paralisi della Zona industriale di Bolzano. C’è anche una vittima, la prima – non voluta – del terrorismo sudtirolese. Giovanni Postal, uno stradino di Salorno (Bolzano), che muore nel tentativo di rimuovere dell’esplosivo. Gli “attivisti” vogliono la separazione dell’Alto Adige dall’Italia e il Befreiungsausshuss Südtirol (BAS, Comitato di liberazione del Sudtirolo), godendo di appoggi politici, finanziari e organizzativi in Austria, mette a segno una lunga serie di attentati, il cui apice è raggiunto appunto nel giugno 1961. Lo Stato reagisce: il BAS è presto decapitato da un’ondata di arresti. Nelle carceri italiane casi di maltrattamento e due morti sospette. Il processo agli “attivisti”, cominciato nel 1963, termina con decine di condanne.