Il 20 marzo 1981 a Catanzaro si conclude il processo di d'appello sulla Strage di Piazza Fontana iniziato il 22 maggio 1980. I neofascisti Franco Freda e Giovanni Ventura sono assolti per insufficienza di prove dall'accusa di essere gli esecutori materiali della strage avvenuta il 12 dicembre 1969 quando un ordigno esplode all'interno della Banca Nazionale dell'Agricoltura in piazza Fontana a Milano e provoca 16 morti e 84 feriti. Assolto, sempre per insufficienza di prove, dall'accusa di strage anche l'ex generale del Sid Guido Giannettini, che viene scarcerato; confermata, infine, l'assoluzione per insufficienza di prove per Mario Merlino e Pietro Valpreda. La Corte d'assise d'appello condanna inoltre il generale Gian Adelio Maletti a due anni e il capitano Antonio La Bruna a 14 mesi di reclusione per falsità materiale e li assolve dalle accuse di tentativo di evasione, falso ideologico e favoreggiamento; assolve il maresciallo Gaetano Tanzilli (ex Sid) per insufficienza di prove dall'accusa di falsa testimonianza; dichiara inammissibile l'accusa di associazione sovversiva per Massimiliano Fachini. Ma l'intera vicenda si chiude solamente il 3 maggio 2005 quando la Cassazione conferma la sentenza del Tribunale di Milano del 30 giugno 2001 (dichiarando prescritto il reato di Tringali) e, assolvendo i tre imputati, afferma però che la strage di piazza Fontana è realizzata dalla cellula eversiva di Ordine Nuovo capitanata da Franco Freda e Giovanni Ventura, non più processabili in quanto assolti con sentenza definitiva nel 1987. Sebbene gli ordinovisti indicati siano quindi considerati gli ispiratori ideologici, non è mai individuato a livello giudiziario l'esecutore materiale, ossia l'uomo che mette personalmente la valigia con la bomba.