L'8 luglio 1910 a Venezia sulla gente che passeggia lungo il liston di piazza San Marco si abbatte una pioggia di manifestini che planano sui tavolini del Caffè Florian e sotto i portici delle Procuratie. Lanciati dalla Torre dell’Orologio da Marinetti e dai suoi amici, recano stampato il proclama Contro Venezia passatista (datato 27 aprile 1910), che inveisce contro il senso del passato e l’immobilismo che la città lagunare suscita nell’animo dei futuristi. Il testo è inusitato: “Noi ripudiamo l’antica Venezia estenuata e sfatta da voluttà secolari…, mercato di antiquari falsificatori, calamita dello snobismo e dell’imbecillità universali, letto sfondato da carovane di amanti, semicupio ingemmato per cortigiane cosmopolite, cloaca massima del passatismo”; e più oltre: “Affrettiamoci a colmare i piccoli canali puzzolenti con le macerie dei vecchi palazzi crollanti e lebbrosi… Bruciamo le gondole, poltrone a dondolo per cretini, e innalziamo fino al cielo l’imponente geometria dei ponti metallici e degli opifici chiomati di fumo per abolire le curve cascanti delle vecchie architetture. Venga finalmente il regno della divina Luce Elettrica a liberare Venezia dal suo venale chiaro di luna da camera ammobiliata”. Una provocazione stravagante, ma tuttavia salutare come può esserlo di solito una terapia d’urto.