A Milano la Competizione Italiana di mediazione tra 21 Università di tutta Italia: in un ruolo da avvocati a confronto su liti da risolvere però ci vuole più pratica (71%), lavoro in team (86%), conoscenza delle lingue (68%). 111 studenti, 22 squadre da 21 università italiane, donne in maggioranza (59%) con il 5% di stranieri. Sono i partecipanti alla sesta edizione della “Competizione Italiana di Mediazione”, che si tiene in questi giorni a Milano, oggi in Camera di commercio, ieri e domani in Università Statale. La competizione è organizzata dalla Camera Arbitrale di Milano, azienda speciale della Camera di Commercio di Milano, Monza Brianza e Lodi, in collaborazione con l'Università Statale di Milano. Simulano una disputa di natura legale, interpretando il ruolo di avvocati e parti a confronto su controversie come la costruzione di una strada in una valle ad alto valore paesaggistico ed etnografico, che vede su fronti contrapposti l’amministrazione comunale e un’associazione locale, ma anche la lite tra un ricercatore universitario in criminologia ed una casa editrice sulla pubblicazione di un saggio.
La gara, secondo le Università si impara il lavoro di gruppo (86%) ma bisogna fare più pratica (76%) e sapere meglio le lingue (68%). Lavoro di gruppo (86%), esperienza di crescita culturale e generale (76%), entrare in relazione con studenti di altre università (67%) e conoscere gli aspetti anche etici di quella che sarà la futura professione (52%). Sono questi i vantaggi della gara secondo le Università partecipanti che hanno risposto ad un questionario. Gli ostacoli più grandi per gli studenti sono soprattutto la scarsa abitudine alle esercitazioni pratiche (71%) e a gestire la conflittualità (62%) come la mancanza di abitudine a parlare in pubblico (57%). Imparare (57%) meglio se vincendo (19%), è questo il motivo per cui le università partecipano. Nel confronto con l’estero c’è ancora da fare per raggiungere il livello di Paesi più avanti nella preparazione degli studenti sui temi della mediazione per il 43% dei partecipanti alla competizione. Gli studenti italiani pagano soprattutto la minore conoscenza delle lingue (68%) e minore preparazione pratica (62%) ma sono avanti per flessibilità (68%) ed empatia (57%) e un loro punto di forza è anche il livello di preparazione giuridica (38%). Le università partecipano innanzitutto perché è importante offrire agli studenti una esperienza di formazione fuori dall’aula, per l’86%, ma anche perché questo tipo di eventi permette di far crescere i rapporti tra università ed università ed istituzioni (38%). E infatti, circa l’80% delle università partecipa spesso a competizioni di mediazione, soprattutto sul territorio nazionale.