Sentenza a Milano che farà discutere, infatti oggi per il tribunale di Milano nessuno è colpevole della morte e delle lesioni gravissime per i 28 casi di operai morti o ammalatisi a causa dell'amianto, che hanno lavorato negli stabilimenti milanesi dell'azienda tra gli anni '70 e '80. Lo ha deciso il giudice della V sezione penale, Annamaria Gatto, che ha assolto i nove manager Pirelli accusati di omicidio colposo "perché il fatto non sussiste” e per “non aver commesso il fatto”.Una decisione antioperaia gravissima perché, andando anche contro la perizia del consulente da lei stessa nominato, ha sancito così l’impunità per i responsabili della morte di 28 lavoratori. Il nostro Comitato, parte civile insieme a Medicina Democratica e all’Associazione Esposti Amianto, dopo le proteste in aula alla lettura della sentenza, ha sfilato per i corridoi del Palazzo dell’ingiustizia con due striscioni, uno che recitava "gli operai sono stati uccisi due volte: dai padroni e dai giudici"." e un altro che ricordava le vittime del profitto. Le testimonianze degli operai, dei consulenti del pm Ascione, e in particolare dei nostri consulenti, il Dott. Luigi Mara (deceduto a maggio di quest’anno, grazie al cui lavoro si è potuto intentare questo, e altri, processi) e l’Ing. Bruno Thieme, i documenti prodotti dal nostro avvocato Laura Mara, avevano ampiamente ricostruito e dimostrato la verità storica delle condizioni di lavoro alla Pirelli e delle ragioni di tutte queste morti a causa dell'inalazione delle fibre di amianto presenti negli stabilimenti milanesi tra la fine degli anni Settanta e l'inizio degli anni Ottanta, l’inesistenza di protezioni adeguate e di tutele antinfortunistiche e di protezione della salute. La verità giuridica, in un paese che conta più di 1.000 morti all’anno sul lavoro (4.000 altre provocate solo dall’amianto e altre decine di migliaia di malattie professionali) è un’altra: quello che non si può mettere in discussione è il profitto, il fatto che le aziende devono poter continuare a produrre senza lacci e lacciuoli. Le morti operaie non devono essere un costo, neppure giudiziario. Gli eventuali investitori stiano pure tranquilli. Il segnale politico che sta dando il tribunale di Milano è chiaro: questi processi non si devono più fare. Ma noi non ci fermeremo. Non accettiamo che la legge sia sempre con i padroni; anche se sappiamo di vivere in un paese dove la legge è di classe, noi continueremo a lottare perché vogliamo giustizia, una giustizia vera che dica chi e perché ha ucciso questi operai e non fermeremo la nostra lotta finché i responsabili di questo genocidio non saranno fermati e puniti. Questo non riporterà in vita i morti e non guarirà il dolore dei loro famigliari e dei malati ma senz’altro ne eviterà altri. E questa è una mancata responsabilità che il tribunale di Milano si è presa: non si può sancire l’impunità per padroni e managers affermando nella pratica che uccidere i lavoratori non è reato.