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Venerdì 04 Dicembre 2015
L'economia sommersa nel triennio 2011-2013

Con l’introduzione del nuovo standard Sec2010 per la compilazione dei conti nazionali, l’Istat ha rinnovato profondamente le metodologie di stima delle componenti dell’economia sommersa e ne ha introdotte alcune relative alle attività illegali. Nel complesso, il valore aggiunto generato dall’economia sommersa vale, nel 2013, circa 190 miliardi di euro, pari all’11,9% del Pil, in aumento rispetto agli anni precedenti (11,7% nel 2012, 11,4% nel 2011). Il valore aggiunto connesso alle attività illegali vale, nel 2013, circa 16 miliardi di euro, pari all’1% del Pil. Nel complesso, l’economia non osservata (sommersa e derivante da attività illegali) ammonta, nel 2013, a 206 miliardi di euro, pari al 12,9% del Pil.  Nel 2013 il valore aggiunto generato dall’economia non osservata deriva per il 47,9% dalla componente relativa all’attività sotto-dichiarata dagli operatori economici. La restante parte è attribuibile per il 34,7% al valore aggiunto prodotto dal lavoro irregolare, per il 9,4% alle altre componenti (fitti in nero, mance e integrazione domanda-offerta) e per l’8% alle attività illegali. In alcuni settori l’incidenza sul valore aggiunto dei flussi generati dall’economia sommersa è particolarmente elevata: Altre attività dei servizi (32,9% nel 2013), Commercio, trasporti, attività di alloggio e ristorazione (26,2%), Costruzioni (23,4%). Il peso della sotto-dichiarazione sul complesso del valore aggiunto prodotto in ciascun settore risulta particolarmente elevato nei Servizi professionali (con un’incidenza del 17,5% nel 2013), nelle Costruzioni (14,2%) e nel Commercio, trasporti, alloggio e ristorazione (13,9%). All’interno dell’industria, l’incidenza risulta più marcata nelle attività economiche connesse alla Produzione di beni alimentari e di consumo (8,3%) e molto contenuta in quelle di Produzione di beni di investimento (2,7%). La componente di valore aggiunto generata dall’impiego di lavoro irregolare è particolarmente ampia nel settore degli Altri servizi alle persone (21,7% il peso nel 2013), dove è principalmente connessa al lavoro domestico, e nell’Agricoltura, silvicoltura e pesca (15,4%). Nel 2013 le unità di lavoro in condizione di non regolarità sono 3 milioni e 487 mila, occupate in prevalenza come dipendenti (2 milioni e 438 mila unità). Il tasso di irregolarità, calcolato come incidenza delle unità di lavoro (ULA) non regolari sul totale, è risultato pari al 15% nel 2013, in aumento di 0,5 punti percentuali rispetto al 2011. Il tasso di irregolarità dell’occupazione risulta particolarmente alto nel settore dei Servizi alla persona (pari al 45,0% nel 2013). Incidenze elevate del lavoro irregolare si osservano anche in agricoltura (17,6%), nel comparto del Commercio, trasporti, alloggio e ristorazione (15,6%) e nelle costruzioni (15,4%). Nel 2013, le attività illegali considerate nel sistema dei conti nazionali hanno generato un valore aggiunto pari a 15,2 miliardi di euro. Tenendo in considerazione l’indotto (1,3 miliardi di euro), il peso di queste attività sul risultato complessivo nazionale è pari all’1,1%.

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