La ripresa economica nella zona euro e nell'intera Unione europea, che vive ora il suo terzo anno, dovrebbe proseguire a ritmo blando l'anno prossimo, nonostante la situazione più problematica in cui versa l'economia mondiale. Sullo sfondo del calo dei prezzi del petrolio, di una politica monetaria accomodante e della relativa debolezza del valore esterno dell'euro, quest'anno la ripresa economica ha dato prova di resilienza e si è diffusa in tutti gli Stati membri, ma è rimasta lenta. Mentre va attenuandosi l'effetto dei fattori positivi, affiorano nuove sfide quali il rallentamento delle economie di mercato emergenti e del commercio mondiale e le persistenti tensioni geopolitiche. Le previsioni indicano che nel 2016 e nel 2017 il ritmo della crescita resisterà a queste sfide grazie al sostegno di altri fattori: migliori risultati in termini di occupazione con conseguenze positive sul reddito reale disponibile, condizioni di credito più favorevoli, progressi nella riduzione dell'indebitamento e livelli superiori d'investimento. In alcuni paesi anche l'effetto positivo delle riforme strutturali attuate contribuirà a sostenere ulteriormente la crescita. Nel complesso, secondo le previsioni il PIL reale della zona euro crescerà dell'1,6% nel 2015, per salire poi all'1,8% nel 2016 e all'1,9% nel 2017. Per l'UE nel suo insieme il PIL reale dovrebbe salire dall'1,9% di quest'anno al 2,0% nel 2016 e al 2,1% nel 2017. Quest'anno la domanda interna va rafforzandosi nella maggior parte degli Stati membri della zona euro e nel 2016 e nel 2017 l'attività economica dovrebbe crescere in tutta l'UE. Il consumo privato è in ascesa grazie all'aumento dei redditi nominali e al basso tasso d'inflazione. Anche gli investimenti sono dati in lieve ascesa, visti l'aumento del reddito disponibile per le famiglie, il miglioramento dei margini di profitto per le imprese, le condizioni di finanziamento favorevoli e le prospettive più rosee per la domanda. Il mercato del lavoro continua a rafforzarsi, seppur con ritmo blando e disomogeneo nei vari Stati membri. I paesi in cui la situazione è più difficile ma che hanno varato riforme del mercato del lavoro dovrebbero tuttavia registrare un ulteriore miglioramento in termini di aumento dell'occupazione. Nella zona euro l'occupazione dovrebbe crescere dello 0,9% quest'anno e il prossimo e quindi dell'1% nel 2017. Nell'UE si prevede che l'occupazione aumenti dell'1,0% quest'anno e dello 0,9% nel 2016 e nel 2017. Nel complesso la disoccupazione dovrebbe continuare a scendere solo gradualmente e con notevoli disparità tra Stati membri. Nella zona euro è previsto che, dall'11,0% di quest'anno, il tasso di disoccupazione scenda al 10,6% l'anno prossimo e al 10,3% nel 2017, mentre nell'UE nel suo complesso le previsioni indicano un calo dal 9,5% di quest'anno al 9,2% nel 2016 e all'8,9% nel 2017. Stando alle previsioni, nel 2015 il rapporto disavanzo/PIL aggregato della zona euro scenderà al 2,0% grazie agli sforzi di risanamento di bilancio del passato, al rafforzamento congiunturale dell'attività economica e, in misura minore, alla diminuzione della spesa per interessi. Il rapporto disavanzo/PIL della zona euro dovrebbe scendere all'1,5% entro il 2017. L'orientamento di bilancio della zona euro dovrebbe rimanere sostanzialmente neutro. Nel 2017 il rapporto debito/PIL della zona euro dovrebbe scendere dal picco del 94,5% registrato nel 2014 al 91,3%. Stando alle previsioni relative all'UE nel suo complesso, il rapporto disavanzo/PIL scenderà all'1,6% nel 2017 a fronte del 2,5% di quest'anno, mentre sempre nel 2017 il rapporto debito/PIL scenderà all'85,8% dall'87,8% prospettato per quest'anno. A settembre il forte calo dei prezzi del petrolio e di altre materie prime ha spinto verso valori negativi l'inflazione generale nella zona euro e nell'intera UE. Dietro a questo dato si cela tuttavia il fatto che la dinamica salariale, l'incremento del consumo privato e la riduzione del divario tra prodotto effettivo e potenziale cominciano ad esercitare sempre maggiore pressione sui prezzi. L'inflazione annua dovrebbe passare dallo 0,1% nella zona euro e dallo 0% nell'UE registrati quest'anno a, rispettivamente, l'1,0% e l'1,1% l'anno prossimo, per arrivare all'1,6% per entrambe nel 2017. Dalla primavera scorsa le prospettive di crescita globale e di commercio mondiale sono peggiorate sensibilmente a causa del rallentamento delle economie di mercato emergenti, in particolare la Cina. Le economie di mercato emergenti dovrebbero toccare il minimo quest'anno per iniziare a riprendersi nel 2016. Finora le esportazioni della zona euro non hanno risentito granché del peggioramento registrato a livello di commercio mondiale, soprattutto grazie al deprezzamento dell'euro. Si prevede tuttavia che la crescita delle esportazioni rallenti nel 2016, per poi aumentare leggermente nel 2017. Quest'anno l'avanzo delle partite correnti della zona euro dovrebbe aumentare grazie al minor disavanzo petrolifero e alle migliori ragioni di scambio, ma anche grazie al mantenimento di avanzi elevati in alcuni Stati membri e alla correzione dei deficit passati in altri. L'avanzo delle partite correnti dovrebbe ridursi leggermente nel 2017 con il rincaro del petrolio e il deterioramento delle ragioni di scambio. Quest'aspetto delle previsioni offre una prima valutazione dell'effetto economico indotto dall'arrivo di un gran numero di richiedenti asilo nell'UE: nel breve periodo l'aumento della spesa pubblica determina un rialzo del PIL; a medio termine si prevede un ulteriore effetto positivo sulla crescita indotto dall'aumento dell'offerta di lavoro, purché vigano politiche adeguate per favorire l'accesso al mercato del lavoro. L'effetto sulla crescita è limitato nell'UE nel suo complesso, ma potrà rivelarsi più consistente in alcuni Stati membri. I rischi connessi alle prospettive economiche mondiali si sono acuiti: gli investimenti e l'attività economica in Europa potrebbero risentire più pesantemente di quanto previsto attualmente dell'indebolimento della crescita nei mercati emergenti, in particolare delle maggiori perturbazioni derivanti dall'aggiustamento in Cina e degli effetti provocati sui mercati emergenti dall'attesa normalizzazione della politica monetaria statunitense. Le previsioni tengono conto di tutti i dati e fattori pertinenti disponibili, comprese le ipotesi relative alle politiche governative, fino al 22 ottobre 2015. Le proiezioni includono solo le politiche sufficientemente dettagliate e annunciate in modo credibile e presuppongono politiche invariate. Le previsioni si basano inoltre su una serie di ipotesi esterne relative ai tassi di cambio, ai tassi di interesse e ai prezzi delle materie prime. I dati utilizzati rispecchiano le aspettative del mercato desunte dai mercati dei derivati al momento di elaborare le previsioni