La fotografia dell’economia dell’immigrazione presentata dalla Fondazione Leone Moressa con la quinta edizione del Rapporto annuale sull’economia dell’immigrazione, pubblicato con il contributo della CGIA di Mestre e con il patrocinio di OIM e MAECI (Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale). L’edizione 2015, “Stranieri in Italia, attori dello sviluppo”, si focalizza sul ruolo economico dell’immigrazione nello sviluppo sia in Italia (sotto forma di tasse, contributi e valore aggiunto) che nei paesi d’origine (attraverso la cooperazione internazionale, l’attrazione di investimenti e le rimesse inviate in patria). Nel 2015 la popolazione straniera ha superato quota 5 milioni e rappresenta l’8,2% della popolazione complessiva. Non solo: tra la popolazione italiana 1 su 10 ha più di 75 anni, mentre tra gli stranieri appena 1 su 100. Una diversa composizione demografica che ha un impatto significativo sul mercato del lavoro e sul sistema del welfare e che è destinata ad accentuarsi nei prossimi anni. Nel 2014 i contribuenti stranieri hanno dichiarato redditi per 45,6 miliardi e versato 6,8 miliardi di euro di Irpef netta. Mettendo a confronto i costi e benefici della presenza straniera (esclusivamente i flussi finanziari diretti), la differenza tra entrate e uscite mostra segno positivo: +3,9 miliardi di saldo attivo per le casse dello Stato. Inoltre, considerando la ricchezza prodotta dai 2,3 milioni di occupati stranieri, nel 2014 il “Pil dell’immigrazione” ha raggiunto i 125 miliardi di euro, ovvero l’8,6% della ricchezza nazionale. Nel 2013 i contributi previdenziali hanno raggiunto quota 10,3 miliardi. Ripartendo il volume complessivo per i redditi da pensioni medi, si può affermare che i lavoratori stranieri pagano la pensione a 620 mila anziani italiani. Sommando i contributi versati negli ultimi cinque anni si può calcolare il contributo degli stranieri dal 2009 al 2013, pari a 45,7 miliardi di euro, volume sufficiente per una manovra finanziaria. Nell’attuale dibattito sull’immigrazione, “aiutiamoli a casa loro” è uno degli slogan più diffusi, inteso come possibilità concreta per limitare l’immigrazione irregolare e le problematiche ad essa connesse. Tuttavia, i dati OCSE evidenziano come gli investimenti pubblici non rappresentano una priorità per i governi della vecchia Europa, nonostante già nel 2000 si fosse fissato come obiettivo lo 0,70% del PIL. L’Italia, ad esempio, investe in aiuti allo sviluppo appena lo 0,16% del PIL (meno di 3 miliardi di euro). Quota ampiamente superata dai flussi di denaro che gli immigrati inviano in patria, pari allo 0,31% del PIL (4,9 miliardi secondo la stima 2015).