Inflazione al lumicino ma tariffe che volano, con quelle locali, rifiuti in testa, in forte accelerazione. Uno studio di Unioncamere mette in evidenza il paradosso, ma parla anche di un "timido" risveglio dei consumi delle famiglie, che a fine anno potrebbero registrare un aumento dello 0,3%. Secondo l'Osservatorio prezzi e mercati dell'Indis, l'istituto di Unioncamere specializzato in distribuzione e servizi, negli ultimi due anni (2013-2014) le tariffe pubbliche sono aumentate del 7,5%. I rincari sono particolarmente forti a livello locale, con un aumento complessivo del 9,5%, mentre lo scenario nazionale mostra un incremento del 5%. Tra i vari aumenti dei servizi assicurati dagli enti locali, spiccano la tariffa per i rifiuti solidi urbani, che mostra un incremento del 18,2% e quella per l'acqua potabile (+12,7%), entrambe con un rincaro a due cifre. Ma sensibili sono anche gli aumenti relativi ai trasporti extra-urbani (+7,5%), ai trasporti ferroviari regionali (+6,8%), ai servizi sanitari locali (+6,7%) e ai trasporti urbani (+6%). Più contenuti, ma certamente si sono fatti sentire sui bilanci delle famiglie, i rincari relativi a musei, asili nido, auto pubbliche, istruzione secondaria e universitaria. Tra le tariffe decise a livello nazionale, forti gli aumenti dei servizi postali (+10,1%), telefonici (+9,9%) e i pedaggi autostradali (+8,8%). Malgrado ciò, lo studio di Unioncamere prevede un piccolo miglioramento sul fronte dei consumi: particolarmente robusto appare il recupero dei beni durevoli (+2,9%). Insomma, dopo anni di risparmi e di contenimento delle spese l'acquisto di auto ed elettrodomestici non appare più rinviabile. "Si tratta - secondo il presidente di Unioncamere Ferruccio Dardanello - di un primissimo e ancora debole segnale, certo non pienamente in grado di far recuperare al Paese la strada persa in questi anni di recessione: sfiora infatti i 7 punti percentuali il calo dei consumi delle famiglie accumulato nel 2012 e 2013". Sulla micro-ripresa, oltre tutto, pende anche la spada di Damocle della stangata sui beni alimentari al centro della dieta Mediterranea, olio e pasta. Per il primo è previsto un aumento dei prezzi del 15% a causa della stagione disastrosa, mentre la seconda risentirà dell'impennata delle quotazioni del grano duro, che si tradurrà in un rincaro sullo scaffale almeno dell'8%.