Nel 2012, il 29,9% delle persone residenti in Italia è a rischio di povertà o esclusione sociale, secondo la definizione adottata nell’ambito della strategia Europa 2020. L’indicatore deriva dalla combinazione del rischio di povertà (calcolato sui redditi 2011), della severa deprivazione materiale e della bassa intensità di lavoro. L’indicatore adottato da Europa 2020 , precisa l'Istat che fornisce questi dati, viene definito dalla quota di popolazione che sperimenta almeno una delle suddette condizioni. Rispetto al 2011, l’indicatore cresce di 1,7 punti percentuali, per l’aumento della quota di persone in famiglie severamente deprivate (dall’11,2% al 14,5%); la quota di persone che vivono in famiglie a rischio di povertà è sostanzialmente stazionaria (19,4%) dopo l’incremento osservato tra il 2010 e il 2011; si mantiene stabile, dal 2010, anche quella relativa alla bassa intensità lavorativa (10,3%). L’aumento della severa deprivazione, rispetto al 2011, è determinato dalla più elevata quota di individui in famiglie che non possono permettersi durante l’anno una settimana di ferie lontano da casa (dal 46,7% al 50,8%), che non hanno potuto riscaldare adeguatamente la propria abitazione (dal 18,0% al 21,2%), che non riescono a sostenere spese impreviste di 800 euro (dal 38,6% al 42,5%) o che, se volessero, non potrebbero permettersi un pasto proteico adeguato ogni due giorni (dal 12,4% al 16,8%). Il rischio di povertà o esclusione sociale è più alto per le famiglie numerose (39,5%) o monoreddito (48,3%); aumenti significativi, tra il 2011 e il 2012, si registrano tra gli anziani soli (dal 34,8% al 38,0%), i monogenitori (dal 39,4% al 41,7%), le famiglie con tre o più figli (dal 39,8% al 48,3%), se in famiglia vi sono almeno tre minori. La metà delle famiglie residenti in Italia ha percepito, nel 2011, un reddito netto non superiore a 24.634 euro l’anno (circa 2.053 al mese). Nel Sud e nelle Isole il 50% delle famiglie percepisce meno di 20.129 euro (circa 1.677 euro mensili).